Appuntamento con la rubrica pioggia di parole e stasera una scena che nel film è stata leggermente cambiata. Si tratta del riferimento a Romeo e Giulietta.
Il cambiamento nel film è stato piacevole, non siete d'accordo? XD
Enjoy!
Parcheggiai di fronte a casa di Charlie ed Edward mi si avvicinò prendendo il mio viso tra le mani. Mi sfiorava con delicatezza, premendo la punta delle dita sulle mie tempie, le guance, il profilo del mento. Come fossi un oggetto fragilissimo. Ed era proprio cosi, soprattutto in confronto a lui.
«Dovresti essere di buonumore. Se non oggi, quando?», sussurrò. Sentivo sul viso il suo dolce respiro.
«E se non volessi essere di buonumore?», chiesi, col fiato corto.
I suoi occhi ardevano dorati. «Peccato».
Quando si fece ancora più vicino e posò le labbra ghiacciate sulle mie, la testa mi girava già. Proprio come voleva, riuscì a farmi dimenticare qualsiasi affanno, occupata com'ero a ricordarmi di inspirare ed espirare.
La sua bocca, fredda, morbida e delicata, indugiò sulla mia, finché non lo strinsi forte e mi gettai nel bacio con un eccesso di entusiasmo. Lo sentii sorridere, mentre si allontanava e scioglieva l'abbraccio.
Per salvarmi la vita, Edward aveva posto molti confini di sicurezza alla nostra relazione fisica. Benché rispettassi il suo bisogno di mantenere una certa distanza tra la mia pelle e i suoi denti affilati come rasoi e zeppi di veleno, quando mi baciava tendevo a dimenticare particolari così insignificanti.
«Fai la brava, per favore», sussurrò a un centimetro dal mio collo. Posò di nuovo le labbra sulle mie, con delicatezza, e sciolse definitivamente l'abbraccio incrociandomi le braccia sullo stomaco.
Sentivo un battito martellante nelle orecchie. Mi posai una mano sul cuore. Lo sentivo battere all'impazzata.
«Pensi che migliorerò mai?», chiesi più a me stessa che a lui. «Che un giorno il mio cuore la smetterà di cercare di uscirmi dal petto ogni volta che mi sfiori?».
«Spero proprio di no», mi rispose vagamente compiaciuto.
Alzai gli occhi al cielo. «Adesso andiamo a vedere i Capuleti e i Montecchi che si fanno a pezzi, d'accordo?».
 «Ogni tuo desiderio è un ordine».
«Ogni tuo desiderio è un ordine».Edward si lasciò sprofondare nel divano mentre facevo partire il film, saltando i titoli di testa. Quando mi accomodai anch'io sul bordo, davanti a lui, mi cinse i fianchi con un abbraccio e mi strinse al petto. Certo, non era comodo come il cuscino del divano, duro e freddo - e perfetto - come una scultura di ghiaccio, ma lo preferivo assolutamente. Afferrò il vecchio plaid sullo schienale del sofà e mi ci avvolse, per non congelarmi con il suo corpo ghiacciato.
«Sai, Romeo mi ha sempre dato sui nervi», commentò all'inizio del film.
«Cosa c'è che non va in Romeo?», chiesi leggermente offesa. Era uno dei miei personaggi preferiti. Prima di incontrare Edward mi ero quasi presa una cotta per lui.
«Be', prima di tutto è innamorato di questa Rosalina... Non ti pare un po' volubile, il ragazzo? Poi, qualche minuto dopo il matrimonio, uccide il cugino di Giulietta. Poco intelligente, davvero. Un errore dopo l'altro. Peggio di così non avrebbe potuto fare per demolire la propria felicità».
Feci un sospiro. «Vuoi che lo guardi da sola?».
«No, non preoccuparti, tanto io resto qui a guardare te». Con le dita tracciava disegni immaginari sul mio braccio, facendomi venire la pelle d'oca. «Pensi che piangerai?».
«Probabilmente sì, se seguo la trama».
«Allora cercherò di non distrarti». Ma sentivo le sue labbra sui capelli e quelle mi distraevano, altroché.
Il film riuscì a catturare la mia attenzione, soprattutto grazie a Edward che mi sussurrava nell'orecchio le battute di Romeo. In confronto alla sua voce vellutata e irresistibile, quella del protagonista sembrava rauca, debole. E, con suo gran divertimento, piansi quando Giulietta si svegliò e trovò il marito morto.
«Ti confesso che qui lo invidio un po'», disse Edward, asciugandomi le lacrime con una ciocca dei miei capelli.
«In effetti lei è molto carina».
Rispose con un'espressione disgustata. «Non gli invidio la ragazza... ma la facilità con cui si è suicidato», precisò, punzecchiandomi. «Per voi umani è così facile! Vi basta buttare giù una fialetta di estratto vegetale...».
«Cosa?», esclamai.
«Una volta ci ho dovuto pensare, e grazie all'esperienza di Carlisle sapevo che non sarebbe stato semplice. Non so neanche a quanti tentativi di suicidio sia sopravvissuto lui, all'inizio... dopo essersi reso conto di ciò che era diventato...». Da serio, il suo tono si rifece ironico. «Oltretutto, è ancora in forma smagliante».
Mi voltai per guardarlo in faccia. «Cosa stai dicendo? Cosa vuol dire che una volta ci hai dovuto pensare?».
«La primavera scorsa, quando hai rischiato di... morire...». Fece una pausa per respirare, sforzandosi di apparire ancora rilassato e ironico. «Ovviamente cercavo di concentrarmi per ritrovarti ancora viva, ma una parte di me valutava tutte le alternative. Come ho detto, per me non è facile come per gli esseri umani».
[…] Scossi la testa, come per liberarmi dei brutti ricordi, e cercai di capire cosa volesse dire Edward, mentre mi si apriva una voragine nello stomaco. «Di quali alternative parli?», domandai.
«Be', non sarei mai riuscito a vivere senza di te». Alzò gli occhi al cielo, come se fosse una considerazione ovvia e infantile. «Ma non sapevo come avrei fatto... sapevo di non poter contare su Emmett e Jasper... perciò pensai di andare in Italia, a scatenare l'ira dei Volturi».
Non potevo credere che dicesse sul serio, ma i suoi occhi dorati risplendevano, fissi su un punto lontano, mentre ripensava a quando aveva deciso di mettere fine alla propria vita. D'un tratto fui presa dalla rabbia.
«Cosa sono i Volturi?», chiesi.
«Una famiglia», rispose ancora con lo sguardo lontano. «Una famiglia di nostri simili, molto antica e potente. Quanto di più vicino abbiamo a una casata reale, più o meno. Da giovane, prima di trasferirsi in America, Carlisle ha vissuto per un po' con loro in Italia... ricordi la storia?».
«Certo che sì».
[…]«Comunque sia, i Volturi non vanno fatti arrabbiare», proseguì Edward, interrompendo il mio sogno a occhi aperti. «A meno che non si cerchi la morte, o qualunque altra cosa ci tocchi». La sua voce era talmente calma da far apparire banale anche quella prospettiva.
La mia rabbia si trasformò in orrore. Presi il suo volto marmoreo tra le mani e lo strinsi forte.
«Non devi mai, mai, mai più pensare a una cosa del genere!», dissi. «Non importa ciò che potrebbe accadere a me, non ti permetterò di fare del male a te stesso!».
«È un discorso inutile... non ti metterò mai più in pericolo».
«Come se fosse colpa tua! Mi sembrava che avessimo deciso che sono io ad attirare le disgrazie». La rabbia cresceva. «Come ti passa per la testa una cosa del genere?». La sola idea della scomparsa di Edward, anche dopo la mia morte, scatenava un dolore insopportabile.
«E tu, cosa faresti se i ruoli fossero invertiti?», domandò.
«Non è la stessa cosa».
Non sembrava cogliere la differenza. Soffocò una risata.
«Se succedesse qualcosa a te?», chiesi, e a quel pensiero impallidii. «Preferiresti che anch'io mi togliessi di mezzo?».
Sui suoi lineamenti perfetti apparve un'ombra di sofferenza.
«Adesso, penso di capirti... un po'», ammise. «Ma cosa farei io senza di te?».
«Quello che facevi prima che arrivassi a complicarti l'esistenza».
Sospirò. «Per te è tutto così facile».
«Lo è. In fondo non sono così interessante».
Stava per controbattere, ma preferì lasciar perdere. «Discorso inutile», ribadì.

 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



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