martedì 27 ottobre 2009

Quinto capitolo di Until The Time Is Through!!!

Buon pomeriggio twlighters!

ecco qua un altro capitolo, il quinto, della mia fanfiction, Until The Time s Through. Spero che vi siano piaciuti gli altri quattro capitoli, e vi auguro, come sempre, buona lettura!
Vi aspetto numerosi nei commenti!

“Mi vogliate scusare, miss Claire! È stato un terribile incidente. Non mi sarei mai permesso..” cercai di spiegare.
“Che succede qui per stramazzare in questo modo?”
Oh, per la miseria!
Il signor Hart si stava dirigendo verso di me con aria circospetta, mentre i suoi occhi viaggiavano da me a sua figlia. Si vedeva benissimo dal suo viso cosa gli stava passando per la mente in quel momento: stupore, meraviglia, ma soprattutto rabbia.
Non disse nulla, e continuava a fissarci incredulo, con l’occhio destro traballante.
“Padre..” cominciò Claire, “io non c’entro niente!”. Che lealtà, grazie!
Il padre distolse lo sguardo dalla ragazza, per rivolgere le sue attenzioni solo a me. Era il momento di parlare. Comportati da uomo! Mi dissi.
“Signore, posso spiegarle tutto”. Ma non sarà facile, completai mentalmente.
“Sto aspettando”, mi ringhiò lui. Aveva la mascella così tesa che, molto probabilmente, a breve si sarebbe rotta tanta era la pressione.
“Ecco, veramente, cercavo sua figlia Isabella”.
“E questo ti dovrebbe in qualche modo giustificare?!” sbaritò lui, fuori di sé.
“No, signore. Mi lasci spiegare”.
Non mi lasciò finire, interrompendomi con un gesto mellifluo della mano. “Ragazzo, scegli con molta cura le tue parole, perché ti trovi in una situazione spinosa”, aggiunse. Ormai aveva gli occhi di fuori. Chissà che idee si stava facendo.
Starà pensando che io sia un maniaco. Avrei dovuto pensare alle eventuali complicazioni, prima di fare una cosa del genere in piena notte.
Nota per il futuro: non intrufolarsi mai in casa di una ragazza; potrebbe essere estremamente pericoloso. Oltretutto, il padre di lei potrebbe farsi strane idee.
“Signore, volevo avere un colloquio privato con vostra figlia, ma non ne ho avuto l’occasione. Così, stanotte, mentre ero a casa, ho pensato di venire. Ho bussato alla porta, ma non ho ottenuto risposta. Mi sono arrampicato su per il balcone, ma come potete vedere, sono capitato per sbaglio nella stanza sbagliata”.
Non so come, ebbi pure il coraggio di stamparmi un mezzo sorriso scemo in faccia. Ma, dopo tutti i miei sforzi, il signor Hart sembrava ancora più mortificato di prima.
Passarono minuti eterni, prima che il padre di Isabella tornò a sfoggiare un colorito normale. Boccheggiò più volte, come se tentasse di parlare ma non ci riuscisse.
Claire non aveva proferito parola per tutto il tempo, e continuava a guardare il padre con aria estremamente preoccupata. Sicuramente stava sperando che il padre, una volta cacciatomi di casa, non se la prendesse con lei.
Quanto a me, ero piuttosto tranquillo. Comunque fosse andata, Isabella avrebbe saputo che ero venuto lì per lei. E questo l’avrebbe fatta riflettere.
Mi misi a guardare di nuovo Claire, che nel frattempo stava cominciando a rilassarsi, vedendo il viso del padre diventare nuovamente rosa pallido.
Anche lei mi guardava, e non solo. Mi mandava maledizioni a raffica con il labiale. Mi fece sorridere. Era buffa, mentre cercava di gesticolare il meno possibile.
Sempre con il labiale, la pregai di informare sua sorella della mia visita, e di parlarne con lei. Anche se continuava a ondeggiare la testa da destra a sinistra in segno di protesta, sapevo che avrebbe fatto quello che le avevo chiesto.
Si sa, si deve sempre accontentare un uomo che sta per essere giustiziato.
Tornai al padre, che ci guardava stranito, con il sopracciglio destro alzato. Ops.
Ma ancora non parlava, e io abbassai lo sguardo. Ci mancava solo che si arrabbiasse con me anche per mancanza di rispetto.
Anche se non lo guardavo, sentivo le sue ondate di rabbia direttamente sulla nuca.
“Ringrazia che mia moglie non si sia svegliata con tutto questo trambusto, perché sarei costretto a fare diversamente, in quel caso” mi disse, infine.
Lo guardai confuso, e lui mi rispose con un sorrisetto compiaciuto, prima di continuare:
“Vai subito fuori da questa casa”, ringhiò. Lo vidi alzare la mano verso la porta della stanza, facendomi segno di uscire.
“Ma signore..”
“Fuori!” gridò, guardandomi negli occhi. Ogni molecola del mio cervello mi diceva di andarmene di corsa da lì. Ma chissà perché non lo feci, e il signor Hart, vedendo che non muovevo un muscolo per andarmene, decise di venire a farmi da scorta. Mi prese per la maglietta, trascinandomi di forza per le scale.
Attraversando la casa, cortesemente scortato dal padre di Isabella, elegantemente vestito con una vestaglia a righe azzurra, cercai qualsiasi appiglio. Dovevo trovare qualcosa da dire di intelligente. Che speranza vana, dato che io, di cervello, quella sera, non ne avevo avuto.
Di colpo, mi ritrovai nel gelido freddo notturno, a pochi metri dall’uscio della villa bianca che era casa Hart.
Sulla soglia della porta, il padrone di casa mi guardava tutto compiaciuto, godendo fino infondo per la mia figuraccia.
“Non farti più vedere. E se stai pensando che avrai ancora la possibilità di vedere mia figlia, beh, ti sbagli di grosso, ragazzo”disse. Visto che non rispondevo, mi chiuse la porta in faccia, facendo un putiferio enorme.
Ma aveva ragione, ero stato uno stupido. Perché era troppo difficile, per me, pensare alle conseguenze delle mie azioni. No, dovevo assolutamente andare lì, di notte, per vederla, rischiando di far infuriare il padre, cosa che effettivamente era successa davvero. Che idiota.

Al prossimo martedì!

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